Delusione batte romanticismo? Storia di un’ape(car).

Annabaldo

Era il 22 aprile quando mi imbattevo nella notizia dell’apecar di Caffè Vergnano 1882, e ne esultavo dal mio profilo social. Un’immagine, quella del calessino con allestimento street food (mi sono documentata, si dice proprio così) nella deserta piazza torinese, che ha colpito subito la mia immaginazione. Pareva una cartolina d’altri tempi, ammantata da un’aura di romanticismo come quelle scene con i funamboli.
Il caffè del bar portato sotto casa, in un momento in cui la vecchia abitudine resta vietata.

Un’idea straordinaria.

Non sapevo che l’apecar a brand esistesse già, usata per la partecipazione a festival; me lo ha raccontato la responsabile dell’ufficio stampa che ho contattato in seguito. Questo non ha minimamente scalfito la mia ammirazione per la creatività dimostrata dall’azienda torinese. Non è solo fantasia, della migliore, è molto di più.

Come ho potuto leggere dai commenti sulla loro pagina Facebook, e successivamente dalle dichiarazioni di Carolina Vergnano, amministratore dell’azienda di famiglia, la poetica apecar è un raggio di sole contro la depressione degli animi che sta investendo tutti noi, in dosi variabili; è un piccolo segno di quel ritorno alla normalità che tutti agogniamo, un gesto garbato (parlando di Torino ci sta) dell’azienda verso la propria città.

Andando oltre, è anche un segnale di fiducia nella ripresa che il brand lancia ai suoi interlocutori, i baristi in primis ma anche i consumatori finali, e uno sprone ad avviare l’attività di delivery che rappresenta una piccola salvezza per i locali, da troppo tempo chiusi al pubblico.
È un segno tangibile con cui l’azienda dice “ci siamo, e siamo con te”, il che non è per nulla scontato.

#ilmondosidivideindue

La tentazione manichea di fare due gruppi mi porta a contrapporre aziende così a quelle, molto più tristi, che vedo ripiegate su se stesse, le risorse tutte impegnate nel recupero crediti e tagli (meglio se al personale).
Caffè Vergnano ha pensato ad una soluzione nuova, adattando le sue apecar ad un nuovo utilizzo, per essere attivamente al fianco dei clienti e di tutti gli amanti del caffè, che sono quelli che fanno forte il brand. Hanno scelto di dare l’esempio e tutto il supporto per mettere a regime un servizio di delivery ben fatto. I numeri delle richieste dei primi giorni ne danno ragione. Naturalmente, come si evince dai commenti sul web, questo va di pari passo con una coerenza di fondo, con azioni come ad esempio permettere ai clienti di dilazionare i pagamenti verso l’azienda.

Sono rimasta qualche giorno a meditare la mia RnR quando, d’improvviso, il 26 aprile, leggo un’Ansa:

Fermata apecar a Torino.

Niente, la burocrazia vince ancora. Un’incomprensione che sa da corto circuito sbarra l’iniziativa con multe e divieti. E le consegne si bloccano, l’ape resta a terra, spero solo temporaneamente. Grande la mia delusione, non immagino quella dei torinesi che già aspettavano di veder recapitato sotto casa il caffè o il cappuccino fumante. Chi vince? Per me ancora la gentilezza di un gesto romantico, da fare ad altri o a se stessi.

 

NOTA 1: non mi addentro nei dettagli burocratici, ma anche nelle mie zone la consegna a domicilio è attiva già da settimane, e ora anche la modalità “take away”.

NOTA 2: Ci sono altre aziende che hanno intelligentemente reagito alla situazione, ne scriverò più avanti.

NOTA 3: Resta prioritaria l’ammirazione per le aziende che stanno contribuendo fattivamente con donazioni, in denaro oltre che servizi, a favore di quanti (ospedali, associazioni) sono in prima fila nell’emergenza sanitaria. Confindustria Vicenza le racconta sotto l’hashtag #perilbeneditutti.