Ora tutti freelance?

Annabaldo

Premessa: io tendo a minimizzare quello che so fare, perché mi pare normale farlo. Enorme pecca di comunicazione! Visto che ormai tutto viene sovvertito, decido di scardinare anche questa cosa, e dico la mia, consapevole di avere titolo per dirla.
Premessa 2: post terribilmente politically incorrect, pare fatto apposta per farmi odiare. Ma siccome devo trovare la mia nicchia, farò come Michelangelo, e toglierò il superfluo inimicandomi gran parte della massa che non mi serve per la mia opera d’arte. Olè.

Dunque, ora vedo grandi consulenti d’azienda, a volte pure manager e imprenditori, sapere tutto ed elargire non consigli, ma proprio regole su come si lavora da casa.
Ecco, no. Permettetemi. Stavolta proprio no.

Se volete consigli su come fare a lavorare da casa non dovete chiedere ad uno di loro, perché non l’hanno mai fatto. Neanche il consulente figo, che si agghinda come un manichino perché in azienda e con il cliente l’immagine conta eccetera eccetera eccetera. Neanche alla “mamma e professionista” che fa un carrierone da paura e intanto posta foto dei figli e della palestra ogni cinque minuti (so – solo per sentito dire – che le mamme sono supereroi a priori, ma ci sono dei limiti temporali in una giornata che rendono il tutto poco credibile) oppure alla “moglie di…” che ha una sorta di attività giusto per arrivare a sera senza drogarsi o attaccarsi alla bottiglia, tra mille impegni sociali (caffettino con le amiche, passeggiata di un’ora sui colli) e qualcuno familiare (portare i pargoli a destra e manca, meglio se col suv), al netto di trucco parrucco spa massaggio echennesò.

Dovete guardare il vero freelance, la persona “normale”

quello che da decenni si porta a casa la pagnotta a suon di fatturine irrisorie, di contratti fatti malissimo, e di bidonate che ne conseguono, di giornate interminabili in cui non si distingue il tempo di lavoro da altro. Uno che non usa e proprio non comprende il termine “demansionare”, mentre lo sostituisce con “flessibilità”. Parliamo di uno sfigato che non ha fatto il business plan, che non ha seguito i consigli teorici elargiti da guru pluristipendiati, che non ha scatti di carriera e formazione pagata (cioè sì che è pagata, ma la paga lui), quello che non riesce a trovare nuovi clienti perché è tutto preso a lavorare per i clienti attuali? Sì, parliamo proprio di quello. Ed è bravissimo nel suo lavoro, lo fa bene e potrebbe dirvi qualcosa di davvero utile, perché reale.

Lavorare così – da soli, da casa – è difficile, non cadere in inedia richiede uno sforzo aggiuntivo. Anche due, sforzi. Mettetelo in conto. Chissà che ora venga riconosciuto, anche per il dopo crisi. Parentesi: fino a pochi giorni fa, ancora si invocava la crisi economica del 2008 (anno in cui io, tanto per dire, ho aperto la Partita Iva). Non ci siamo ripresi da quella che subito si cade in un’altra. Se poi qualcuno se ne esce con “Mai ‘na gioia”, ha pure ragione.

Quindi via con saggezze varie in tema di routine mattutina, outfit, location, timing. Ho fatto questo elenco in un grammelot international-figation-businessese apposta per farmi odiare, ma anche per sorridere di me (e di quelli che non mi hanno voluta perché non scrivo in aziendalese. Cosa di cui mi vanto assai, manco a dirlo).

Cominciamo dalla routine mattutina: per una buona performance professionale si raccomanda trucco parrucco, abito e accessorio coordinato per approcciare il pc e iniziare la giornata pronti per un servizio sullo smart work … fatto da Vogue. Bla bla bla. Lo sapete che obiettivi irrealizzabili sono la ricetta perfetta dell’insuccesso, vero?
Senza esagerare dalla parte opposta e immaginarsi a digitare sulla tastiera con i guanti gialli, perché stavi pulendo il cesso (con la varechina, ora), vediamo di essere realisti.Look da ufficio

Pulizia e ordine sì, ma se prevedete di passare l’intera giornata in casa, e questo al freelance accadeva anche prima della quarantena, basta un outfit comodo, anche una tuta, purché sia dingitoso. Non è la stessa mise “da cassonetto” (ce l’abbiamo tutte, inutile che facciate finta di no) che userete per tagliare l’erba, ma neanche il completino per la Comunione. E se vi siete lavate e pettinate, potete tranquillamente stare senza trucco (per gli uomini: barba). A meno che non abbiate un look portafortuna, che senza smalto non riusciate proprio a ragionare, che vi serva la divisa da Wonder Woman e cose così.
Diverso è se nell’arco della giornata prevedete un’uscita (dal cliente ma non solo): in questo caso, meglio prepararsi la mattina presto, allo stesso orario che rispettereste se doveste andare in ufficio. Quindi sveglia, caffè, figli/cane da sistemare veloci, e poi prepararsi ad uscire (abbigliamento, accessorio – solo le scarpe restano quelle da casa – capello, trucco se serve).
Anche se uscirete ore dopo.
Ho provato e questa è la routine che funziona meglio, perché dribbla ogni imprevisto che sicuramente vi mangerà la mezz’ora che avevate riservato – idealmente – per prepararvi.

Come dire, non tutte le mezz’ore sono uguali.

In tempo di clausura cosa cambia? Che forse si sono liberati slot di tempo, da utilizzare in modo proficuo, se non altro per combattere lo scoramento che, non neghiamolo che ci fa male anche quello, tutti noi stiamo sentendo. Sia che siate novelli del lavoro da casa, e stiate solo entrando in modalità smart work, sia che da veterani freelance il lavoro sia calato drasticamente, rasentando lo zero, in ogni caso avete almeno una mezz’ora, quella del pendolarismo, da mettere a frutto, e forse un po’ di voglia in più di darvi una mossa. Vuoto da riempire con una nuova routine, possibilmente sana, che significa positiva, costruttiva, potenziante. Yoga? Pulizie?

Colazione del freelance

Colazione fatta per bene, con tanto di tavola apparecchiata? Meditazione? Scegliete quello che sta nelle vostre corde, tenendo conto dell’orario.

Location, set, ufficio. Qui resto nel solco del già sentito ovunque.

Per lavorare da casa serve uno spazio dedicato.

Anche temporaneo, con postazione ufficio che compare la mattina e scompare a fine lavoro, ma con unica destinazione d’uso durante l’orario. Quasi tutti in casa hanno una stanza studio, spesso inutilizzata. Ecco, è la volta buona che i fatti corrispondano ai titoli.
È lo stesso per la scrivania in camera dei figli, dove staranno per fare i compiti. Non in cucina mentre la nonna si guarda (meritatamente) la fiction del pomeriggio.

Lo spazio aiuta a concentrarsi, è il set entro cui si recita la parte del professionista. Serve a voi, non importa se nessuno lo vede. Spazio riservato, disturbi esterni allontanati. Ufficio in casa
“Sei a casa? Allora ti chiamo.” Questo no. Ricevereste la telefonata della mamma se foste in ufficio, in riunione o mentre organizzate il lavoro del vostro team? E qui mi dispiace, ma la quota rosa ci fa una partaccia. Purtroppo devo ammettere che sono anni che non riesco ad avere una conversazione continua con altre donne, per lavoro ma non solo, senza interiezioni del tipo “ti ho detto di no”, “dimmi amore” (che non sono certo io) e dopo dieci minuti dedicati all’amore (anche quelli a quattro zampe) “scusa… dicevamo?” e tu sempre lì che aspetti. Mi era insopportabile anche prima, se poi diventa strutturale, non ci siamo proprio. Niente figli, cani, amanti, cellulari privati e altre distrazioni mentre si lavora. Il postino sì (non c’entra niente con l’amante) perché suonerebbe anche all’ufficio per portare una multa con raccomandata, e purtroppo voi la centralinista non ce l’avete.

Tempi e distrazioni. Non avete un capo, ne avete cento, tra cui voi stesse.

Si chiama autodisciplina, incrociata con la produttività.

Non vuol dire stare al telaio e fare i bisogni in loco, come accadeva nemmeno tanto tempo fa nelle nostre zone, ma distinguere le fasi di lavoro. Che includono le pause, per rifocillare in primis la mente, e per mantenere contatto con la comunità professionale, attività quanto mai piacevole se si tratta di partner e (contemporaneamente) amici, come spesso accade. (Approfitto di questa pausa per abbracciare virtualmente i professionisti-amici con cui ho il privilegio di confrontarmi anche per lavoro).

Pausa caffè
Sì, ci sta anche un giro di social, per distrarsi ma anche per restare nei network funzionali alla nostra vita, lavorativa e non solo. Insomma, un po’ di normalità.
Va da sé (fossi veramente gura ve la distillerei come perla di management) che se diventate campionesse olimpiche di ordini online e casa vostra un punto di consegna Amazon (non per fare quella da Lean Organization, ma provate a cronometrare il tempo di “campanello, mi alzo a rispondere, ritiro pacco, lo apro… figuriamoci sono qui che scoppio di curiosità, mi rimetto al lavoro, cosa stavamo facendo?) di fatto non state lavorando. Vedi alla voce “Mamma in carriera”, carino come ossimoro, peccato che non esista nello stesso spazio/tempo.

Fine dello scritto. Vado a stendere una lavatrice, però l’ho caricata prima di iniziare a scrivere, l’ho dimenticata e ora sono ufficialmente in pausa pranzo.