Il cliente migliore

Annabaldo

In questi giorni, complici incontri con persone nuove alle quali ho cercato di raccontare il mio lavoro, mi sono trovata a formulare un pensiero, un po’ nostalgico.
Mi son trovata a pensare a quello che è stato il mio cliente migliore. Cliente che oggi non ho più, perché ha preso decisioni diverse, strategicamente utili (gli auguro), che sono il sintomo di cambiamenti radicali avvenuti al suo interno, tanto che posso ben dire che quel cliente cui sono affezionata in un certo senso non esiste nemmeno più.

Vediamo un po’ come è fatto, ‘sto cliente ideale. Posto fisso? Neanche lontanamente. Incarichi di pochi mesi l’anno, rinnovati poco prima di iniziare l’anno nuovo. Soldi? Non nel senso di compensi oggettivamente allettanti, giusto una ricompensa equa, per la quale si è fatto molto di più, senza star lì a depennare le voci dell’incarico e fare poi un consuntivo.

Prestigio? Forse sì, per la verità. Un prestigio di cui sento di essere stata partecipe perché con il mio contributo il nome del cliente ha girato più del solito, scoprendo un nuovo livello di visibilità, cui prima non era avvezzo. Per me un’emozione, dapprincipio, anche solo poter dire “Mi occupo di questo cliente”. Quelle emozioni di quando ti forzi la mano per pronunciare parole importanti, che ritieni esagerate, ma che provi a dire lo stesso, per vedere l’effetto che fa.
E che poi, in effetti, corrispondono al vero, ma non osi ammetterlo.

Soddisfazione? A mille, quella sì. Perché è stato un inizio; un’apertura sottovoce, ma in crescendo. Soprattutto un coinvolgimento, la sensazione di essere uno degli ingranaggi che lavoravano oltre lo standard, tutti parte di un meccanismo che, in fine, veniva messo in moto, miracolosamente, e solo grazie al lavoro di tutti. Proprio come la sinfonia, che prende corpo solo in virtù di ogni fiato, di ogni corda toccata, di ogni intenzione, sotto il gesto del direttore. Vedere realizzata l’opera del mio cliente, quasi sbirciata di nascosto, e sentire di aver messo qualcosa (pur di assolutamente prosaico) nel grande mosaico che si stava palesando, era un premio, una gioia.

Dopo innumerevoli letture di marketing su come deve essere il cliente, su come scegliersi (reciprocamente), la mia riflessione è del tutto romantica, sentimentale, ma in fondo spendibile anche come strategia. Il cliente migliore è quello che ti emoziona, ti entusiasma e ti fa desiderare di essere parte attiva della sua attività, che ti consente, con naturalezza, di dire “noi”. È quello con un’attività, una filosofia e uno stile, un modo di essere, cui senti di voler appartenere. Così gli perdoni le mancanze, i limiti, i momenti di ira (che sappiamo tutti che ci saranno). E così, anche dopo che ha operato scelte diverse, il tuo pensiero è ancora per lui, nonostante non voglia più le tue idee, le chance che potresti intravvedere per lui, o le difficoltà che non ti trovi più a dover condividere.