I Nèeeri e la lista civica.

Annabaldo

Si dice proprio Nèeeri, se si vuol rispettare la pronuncia corretta. Una bella “e” larga e appoggiata, che dura come tre. Proprio la si deve sentire che si appoggia sul fondo della bocca, stendendo bene la lingua da molare a molare. Quasi ti costringe ad un sorriso. Ci siete riusciti? Qui dalle mie parti è un’abilità innata, che si impara succhiando il latte (se di mamma oriunda).

Premessa divagatoria per introdurre un mio affaccio alla politica locale. Canticchiando “la libertà non è star sopra un albero… è partecipazione” mi avvio, auto-costringendomi, alla presentazione di una delle tre liste che si offrono all’imminente consultazione elettorale. Terna che mi mette in serio imbarazzo: una è dichiaratamente partitica, di un partito che non voterò. Anzi che non voterei nemmeno se fosse l’unica possibilità, proprio per una questione concettuale. Sì, anche alle amministrative di un paesotto, dove gli accorpamenti elettorali sembrano il comitato sagra (con tutte le lodi per quanto questi comitati riescono a fare, che per ottenere i risultati voluti sono capaci si cambiare la direzione di una strada, se questa disturba la sede della pesca di beneficenza), c’è chi si pone un interrogativo ideologico. Tanto, da “radical chic” mi ci hanno già bollato, e me ne vanto pure un po’.

Quindi fuori una. Le altre due, come qui pare essere tradizione (venendo dalla città – e ora faccio anche la snob – le civiche sono il rifugio peccatorum, nani in confronto ai giganti delle liste di partito), sono liste civiche con nomi a dir poco artistici, che non mi ricordo. Una è quella in carica che, dietro la facciata di cartone di logo fantasioso e nome rassicurante, alla fine racchiude persone con una posizione politica che non mi appartiene. A parte questo, hanno fatto scelte poco condivisibili, quindi non li voterei.

Bene, abbiamo scelto? Neanche per idea. La terza, e ultima, possibilità è forse peggio. Non mi rappresenta neanche un po’, a vedere quello che (e come) comunicano. Per la prima volta in vita mia vado ad informarmi: loro sito internet (ben fatto, diciamola tutta, ma quel che ci trovo non mi appassiona), chiedo negli “ambienti politici” cui posso accedere per vie traverse. Pare siano loro, quelli più in linea… ma con cosa? Non mi convincono, e stavolta esigo di essere convinta. Quindi, si va alla presentazione “live” della lista.

Brava! Grande partecipazione!

Mi faccio forza, e vado. Li ascolto. Cerco di non mettere i freni dei pregiudizi che già mi sono fatta. Prendo pure appunti. Ok, sono un po’ meglio di come parevano. Alcuni sono competenti, e pure “simpatici”, forse mi ispirano fiducia (dal punto di vista amministrativo).
Allora vuol dire che è in tema di comunicazione, eh eh eh… che facciamo acqua (breve momento di godimento di chi di comunicazione si occupa, e di chi ha senso critico da vendere)!

Alcune cose della loro esposizione non mi convincono, e alla fine di tutto gliele sottolineo chiedendo se per caso non ho capito male. Come minimo miopia, la visione dell’azione politica/civile non esce dal territorio comunale. Persino un nuovo insediamento commerciale riceve critiche non perché è orrendo, cementificante, inutile, ma perché non crea posti di lavoro “per i locali”. Insomma, lo schifo è perché i commessi non sono nati e cresciuti in paese. Mi permetto di dire che siamo in Europa, i cittadini possono muoversi dove vogliono, pure dentro e fuori dal loro comune di residenza (e intanto mi cadono le braccia!). Alla mia obiezione si scusano tutti “che hanno parlato male”, che loro sono aperti, ci mancherebbe. L’impianto è esageratamente vetero-catto-nonsoché: insomma, la società è fatta di giovani coppie sposate (ovviamente in chiesa, con benedizione papale) con figli. L’apice lo tocca il candidato che parla di famiglia: mattone di cui è fatto il muro (o la casa) della società. Eccoci. Già il lessico mi fa accapponare la pelle. Prendo la parola e dico che, per continuare la metafora, io sono una pietra di scarto, di quella società, non essendo né sposata né madre. Il tipo secondo me si è offeso, e non mi ha neanche avvicinata, dopo il comizio. Invece difende la posizione un’illuminata (che si è presentata dicendo persino i nomi dei tre figli), una che decide di impegnarsi in politica “per i suoi figli”. Ma dico, si parla di “cosa pubblica”, la politica non si occupa di tutti, persino di quelli che non ti hanno votato, dei figli di chi manco conosci? Aiuto, quanto siamo indietro! Dunque, la difesa della posizione “classicistica” (che mi fa pensare a Giovanardi e l’Ikea: questi sono d’accordo con il Ministro!) suona così: “ma no, noi non rappresentiamo solo gli sposati. In lista abbiamo anche Tizia e Caio, che sono senza famiglia!”.

SENZA FAMIGLIA? Dei trovatelli? Signorepietà! Non usano la parola “cittadino” mai, termine che va oltre stato civile e pure legale della persona. Un altro, davvero improponibile, mi rassicura che “comunque” (cosa vuol dire, “nonostante io sia un avanzo di società”?) il mio voto andrebbe bene lo stesso. Ottimo, vado bene per il riciclo! Ora sì che mi sento rappresentata.

Dopo la presentazione/comizio/caporetto viene la parte bella: birra e torte deliziose, fatte in casa. Momento per parlarsi a tu per tu. Ho attirato una certa attenzione. Mi si avvicina quella che difende una precedenza dei locali per le attività economiche (ma ho sbagliato io ad interpretare) e per tagliare l’aria le chiedo di solito come viene usata la sala comunale che ci ospita. E lei risponde: “Il sabato si balla il liscio, la domenica fanno le celebrazioni dei Nèeeeri”.

I beg your pardon? Come si esprime un candidato assessore? Dicendo che dei cittadini immigrati (magari 15 anni fa) sono dei Nèeeri? E basta? Solo quello? Che siano neri penso sia evidente (quasi quasi domenica faccio un salto là, chissà che non mi mandino via perché non sono abbastanza nèeera) ma santodio manco le suore missionarie di 50 anni fa avevano ‘sto atteggiamento paternalistico-razzista. Altro che apertura, ho paura che i miei sospetti fossero fondati. Qui ti fanno l’esame del sangue e se ci trovano tracce di extra-comunalità son dolori!

Restando in tema di colori, diciamo che qui ho voluto spingere le tinte del racconto, perché una frecciata questi qui se la meritano tutta, e comunque sono pensieri che ho sinceramente fatto. Diciamo che nella squadra hanno dovuto ficcarci dentro qualcuno che magari, se restava a casa a far le torte per il “loro” bambini (metafora: c’era pure qualche uomo, che le torte non le fa, che era poco presentabile) era anche meglio, ma politica è anche compromesso, no?

Condivido una parte delle proposte, una parte della visione e degli atteggiamenti (due o tre di loro mi piacciono pure). Darò una parte di voto? Vedremo!