Abbinamento umano-pet: l’arte del (di certi) veterinario. (quarta puntata)

Annabaldo

Non mi ricordo come La Fede abbia deciso per un cane. Ma le cose, si sa, capitano e basta. Fatto sta che alla Fede è toccata in sorta una freccia instancabile, al secolo una piccola Jack Russel che risponde al nome di Mandi (proprio come il saluto nel “suo” – della Fede – Friuli). Insomma il cane, a ben vedere, si chiama “ciao”. In questo caso, è l’umana ad essersi adeguata al pet. La Fede, nel tempo libero (che significa ogni

“La Fede” (in giallo) con Mandi

mattina presto, ogni pausa pranzo, ogni sera, tutto il weekend e le ferie) smette i panni all’ultima moda che il suo contesto lavorativo in qualche sottaciuta maniera impone, molla la borsetta super trendy che molte, io per prima, le invidiano, e si trasforma in un domatore di leoni, bardata di freesby, pallina, pollo (di plastica), sacchettini (sì, perché Mandi e La Fede sono ben costumate) e argomenti di conversazione con gli altri umani che incontra al parchetto.
Anche il giro in centro è diventato la passeggiata con e per il cane. Poi l’umana indulge un po’ troppo con cappottini e accessori, ma vabbè dai, non possiamo mica stravolgere la nostra natura! In ferie si va col cane, manco a dirlo, e tutto il resto.

Il cane non è un pupazzo

Insomma, La Fede è l’incarnazione di quello che significa avere un cane. Uno vero, non come Penniciù che pare una signorina di buona famiglia. La mia amica ha capito a perfezione e incarnato la cosa fondamentale che Sarah non si stanca di predicare: “il cane non è un pupazzo”. Assioma indiscutibile, da ripetere a voce alta.
Altissima. E invece, ancora ci sono quelli che fanno scegliere il cane al bambino di quattro anni, su internet (perché un bambino di quattro anni può essere cresciuto come un Nerd, vero?) alla pagina dei cuccioli più teneri.

“Cosa vuoi che capisca di cani, uno che lascia il figlio sul tablet a guardare Pinterest?”. Lapidaria e precisa, Sarah etichetta così l’ennesimo – stavolta sventurato davvero – che ha azzardato chiedere a lei se ritenesse opportuno prendere il cucciolo di non so che razza per il bambino. Cucciolo che manterrà le dimensioni accettabili da tenerone per un numero flessibile di mesi, diciamo tre o quattro, per poi crescere con progressione geometrica fino ai 45 chili. Dunque, nel giro di una stagione ti ritrovi in casa un animale che starebbe bene nella Casa nella Prateria, e tu invece lavori in ufficio e torni nel tuo appartamento al quarto piano alle 19, per cena. Non c’è bisogno di dire che fine fanno questi cani, di cui si scopre, inspiegabilmente, che oltre che fare i loro bisogni, giocoforza in casa, vogliono correre (ogni santo giorno, a perdifiato e preferibilmente su un argine) e giocare, e non sanno che farsene dei tuoi soprammobili.

La gente non si conosce, ha di sé un’immagine visionaria

L’abbinamento umano-pet è semplice, in certo senso: conosci il cane, la sua indole, le sue esigenze e caratteristiche? Conosci le tue, di abitudini e preferenze? (E qui, cara “dottoressa dei cani” ti fermo io: la gente non si conosce, ha di sé un’immagine visionaria che gran poco ha a che fare con la realtà). Soprattutto, sei disposto a mediare tra le due? Perché il cane, pur accettando una gerarchia che lo vuole in secondo piano rispetto gli umani, è un essere vivente, non gli si può chiedere di essere ciò che per natura non sarà mai. A ben vedere, anche tra umani andrebbero seguite certe accortezze, ma non andiamo a sollevare vespai proprio adesso. L’altro giorno ho letto sul sito di un “educatore per cani” che il cane sa già benissimo come fare il cane; è il padrone che deve imparare a parlare con lui.